Scena di abbraccio di Satiro e Menade - Da Pompei, Casa di Cecilio Giocondo
Naples National Archaeological Museum, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons

IL GABINETTO SEGRETO: STORIA DEGLI "INFAMI MONUMENTI" TRA CENSURA E SCIENZA

L'interesse per gli oggetti antichi a sfondo erotico e sessuale ha caratterizzato da sempre il collezionismo, sia privato che museale. Sebbene il periodo medievale abbia imposto un rifiuto perentorio di tali reperti, in linea con la ripulsa cristiana dei Padri della Chiesa, l'avvento dell'Umanesimo e del Rinascimento portò a una rinnovata accettazione. Opere che alludevano al tema amoroso ed erotico entrarono così nelle collezioni, come il celebre “giardino erotico” di Villa della Farnesina, la raccolta di intagli dell'erudito Louis Chaduc, o il “Secretum” del British Museum di Londra, attivo dal 1865 fino agli anni '60 del secolo scorso.

L'Imbarazzo dei Rinvenimenti Vesuviani

Nelle città vesuviane di Pompei ed Ercolano, i primi ritrovamenti delle cosiddette “cose oscenette” generarono immediatamente un malcelato imbarazzo, riscontrabile sia nei diari di scavo che tra gli studiosi. Questo imbarazzo portò a diffondere il falso mito di una Pompei lasciva e corrotta, "dedita alla più sordida impudicizia per cui da Dio meritò, come Sodoma, il castigo del fuoco". La reazione più significativa fu la futura separazione fisica e culturale di questi oggetti. Pochi riuscirono a interpretarli oggettivamente, riconoscendone il valore artistico e culturale, tra cui si ricordano uno studio di Hamilton sul culto di Priapo e un lavoro di M. Arditi sul “fascino”.

Inizialmente, le "cose oscenette" furono esposte senza censura nel Museum Herculanense di Portici. Tuttavia, già nel 1785 si assistette a un irrigidimento del clima culturale: il pittore P. Hackert, consulente artistico della casa reale, suggerì di destinare nel futuro Museo borbonico di Napoli "alcune stanze libere per riporvi il Priapismo ed altre cose, per cui ci vuole un Dispaccio particolare per vederle".

La Nascita del Gabinetto Segreto

Questo consiglio fu subito applicato a Portici, dove dal 1794 è documentata l’esistenza di una sala riservata alle antichità “oscene”. Nonostante una breve fase di liberalità nel neonato Real Museo Borbonico, dove la collezione fu esposta senza restrizioni, questa durò poco.

Il momento decisivo arrivò nel febbraio del 1819, quando il principe ereditario Francesco I, visitando il Museo con la moglie e la figlia di nove anni, suggerì che sarebbe stato opportuno chiudere tutti gli oggetti osceni in una stanza, consentendo l’accesso unicamente a "persone di matura età e di conosciuta morale". Questo suggerimento fu recepito come un ordine, portando all’allestimento al primo piano del Museo della raccolta denominata “Gabinetto Segreto degli oggetti osceni”, formalizzata nel 1823.

La collezione, nella sua prima istituzione, era composta da centodue “infami monumenti della gentilesca licenza”. Nel 1821, in un clima di crescente bigottismo, si decise di interdire al pubblico anche l'esposizione di tutte le pitture “oscene” e di qualsiasi oggetto potesse indurre all’immoralità. Lo stesso Arditi, per evitare deturpanti stuccature sulle nudità, propose un “Gabinetto dei quadri osceni”.

La censura si inasprì ulteriormente quando, per volere di Ferdinando II nel 1832, anche la Venere Callipigia e tutte le “Veneri nude” esposte nel Museo furono segregate, per essere mostrate solo a coloro che ne avevano bisogno "per arte onde non recar nocumento al costume".

Nonostante la riservatezza, l'interesse crebbe in modo esponenziale: dalle sole venti richieste di autorizzazione all’anno nel 1822, si passò a oltre trecento richieste solo due anni dopo. A chiedere l’accesso erano nobili europei, diplomatici, studiosi di archeologia, artisti, e giovani rampolli impegnati nel Grand Tour. Parallelamente, fiorì un traffico clandestino di permessi falsi, venduti dagli stessi custodi del Museo. Questa curiosità internazionale provocò l'indignazione del pubblico conservatore; un sacerdote anonimo nel 1827 supplicò il re di sopprimere il Gabinetto, definendolo "l’inferno" che corrompeva la morale.

Dalla Muratura alla Liberazione Garibaldina

Nel 1851, lo spirito reazionario post-moti del ’48 prevalse. Il direttore Spinelli di Sangiorgio decise di trasferire l'intera collezione “itifallica” in due stanze adoperate come deposito, e ne fece murare la porta affinché "se ne disperdesse per quanto era possibile la memoria".

La sessualità antica divenne un simbolo della liberalità moderna durante le rivoluzioni ottocentesche. L'arrivo di Giuseppe Garibaldi a Napoli nel settembre 1860 rappresentò un momento essenziale di questa politica. Garibaldi stesso, recatosi al Museo, ordinò l’immediata riapertura della sala al pubblico, consentendo l'accesso a tutti, incluse donne e clero con permesso speciale, escludendo solo i fanciulli.

Contrariamente al racconto colorito e fantasioso dello scrittore tedesco Gustav Rasch, che parlò di un eroico abbattimento delle mura, un documento d’archivio (fig. 2) rivela che le stanze erano chiuse da un cancello con tre serrature. Non trovandosi le chiavi, si decise di “scassinare le porte” per ridare vita alle opere.

Dopo la riapertura, il nuovo Direttore del Museo, G. Fiorelli, pubblicò un catalogo della collezione, chiamandola “Pornografica” (1866). Fiorelli operò una revisione critica, sostenendo che non tutti gli oggetti fossero veramente osceni e che molti potessero tornare alle rispettive collezioni senza offendere il pudore. Per la prima volta, la collezione fu presentata con criteri scientifici (cronologia, materia e funzione), suddivisa in “monumenti greci ed etruschi” e “monumenti romani”, e ulteriormente ripartita in mosaici, pitture, sculture, amuleti e utensili. Tuttavia, l’uso di un linguaggio ipertecnico e schede prive di illustrazioni denunciava la difficoltà di affrontare ancora queste tematiche.

Un Secolo di Chiusure e Riaperture

Alla libertà garibaldina subentrò rapidamente la censura dell’amministrazione sabauda, che richiese il permesso del Soprintendente per ogni ingresso. Nel 1901, Ettore Pais ottenne l’autorizzazione ministeriale per la chiusura definitiva della collezione, giudicata di scarsa importanza scientifica e capace di alimentare solo morbosa curiosità.

La situazione non migliorò con il Fascismo, che impose la chiusura definitiva anche del Lupanare a Pompei nel 1931. Visitare la raccolta richiedeva un permesso scritto del Ministro dell’Educazione Nazionale a Roma, poiché i contenuti si addicevano poco al mito di una Roma incorruttibile.

Anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, la collezione (che contava oltre duecentocinquanta opere) rimase chiusa. Le visite clandestine ottenute tramite mance ai custodi persistevano. Una disposizione del 1954 stabilì un "assoluto divieto" per i custodi di segnalare la presenza del Gabinetto, limitando l'accesso solo a "persone adulte di ambo i sessi qualificantisi come studiosi e comunque le persone adulte di serio aspetto".

Solo nel 1971, il nuovo Soprintendente A. De Franciscis propose la definitiva liberalizzazione della raccolta a tutti, con la sola limitazione per i minorenni, a condizione che il carattere particolare delle opere fosse preventivamente segnalato.

La collezione fu brevemente riaperta, ma i lavori di restauro ne imposero una nuova chiusura, fino alla riapertura definitiva e senza limitazioni nel 2000, in un allestimento completamente rinnovato.

Il Contenuto: Erotismo, Banchetto e Superstizione

Oggi la Collezione è organizzata secondo moderni criteri museali (cronologico, stilistico, tipologico e tematico). L’allestimento cerca di ricostruire il contesto originario dei reperti. Il percorso parte dai “Materiali Preromani” (vasi greci e ex-voto anatomici).

I reperti provenienti dalle città vesuviane sono suddivisi in diverse sezioni:

  1. La Pittura Mitologica a Sfondo Erotico: Comprende pitture in III e IV stile (come il bellissimo Polifemo e Galatea) che, pur essendo prive di carattere specificamente sessuale, furono relegate qui a causa dell'esasperato moralismo borbonico nei confronti del nudo.
  2. Scene con Pigmei: Figure utilizzate nella pittura grottesca e umoristica, spesso presenti in rappresentazioni erotiche di gruppo con sproporzionate caricature degli organi sessuali.
  3. Temi Erotici nella Decorazione dei Giardini: Sculture ispirate al mito greco, raffiguranti satiri, ninfe, menadi e Dioniso, figure che esprimevano la forza feconda e la vitalità della natura.
  4. Decorazione degli Ambienti di Piacere: Vera e propria pittura pornografica, costituita da quadretti erotici che arredavano le pareti delle stanze del piacere e dei lupanari, con rappresentazioni realistiche di atti sessuali.
  5. L’Erotismo nel Banchetto: Poiché il banchetto era per i Romani il luogo erotico per eccellenza, il tema era abbondante nella decorazione degli oggetti da mensa (lucerne, tintinnabula) e dell'arredo (come il tripode con satiri itifallici).
  6. La Sessualità che Protegge: Riguarda l'utilizzo dell'organo sessuale maschile come elemento apotropaico per allontanare il malocchio. I Romani usavano apporre falli sulle facciate delle abitazioni o presso le porte d’ingresso come numi tutelari o buon augurio di fertilità e successo commerciale. Celebre è il rilievo in travertino con fallo e la scritta “hic habitat felicitas” (qui abita la felicità), proveniente dalla facciata del panificio nella Casa di Pansa (fig. 6).

Valore Storico e Museografico

Oggi, la collezione rappresenta un’importante raccolta di documenti "archeologici" e storici sulla sessualità antica, specifici per la quasi comune provenienza dalle città vesuviane. Divenendo una preziosa sezione museale sulla cultura sessuale romana e sui significati religiosi e apotropaici ad essa connessi.

Il Gabinetto Segreto possiede inoltre un alto valore storico e museografico per le sue alterne vicende. Essendo più volte sopravvissuto al rischio di essere sottratto, dimenticato o distrutto, il Gabinetto Segreto, nel suo essere museo e molto spesso “non-museo”, è giunto fino a noi per raccontare non solo dell’erotismo e della superstizione nel mondo romano, ma soprattutto di un ambiguo quanto affascinante capitolo della museologia e della storia del costume moderno.

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FAQ: Il Gabinetto Segreto tra Storia e Censura

Cos'è il Gabinetto Segreto e dove si trova attualmente il Gabinetto Segreto? Il Gabinetto Segreto è una collezione di oggetti antichi con temi erotici e sessuali, che ha rappresentato uno dei tratti caratteristici del collezionismo antiquario. Fu formalmente istituito e denominato "Gabinetto Segreto degli oggetti osceni" dal 1823 al primo piano del Real Museo Borbonico di Napoli. Oggi costituisce un’importante e preziosa sezione museale dedicata alla cultura sessuale nel mondo romano, ai suoi significati religiosi e apotropaici.

Come nacque l'idea di segregare gli oggetti del Gabinetto Segreto? I primi rinvenimenti di "cose oscenette" nelle città vesuviane (Pompei ed Ercolano) generarono un malcelato imbarazzo tra gli scavatori e gli studiosi. Sebbene gli oggetti fossero inizialmente esposti senza restrizioni nel Museum Herculanense di Portici, già nel 1785 si suggerì che il futuro Museo borbonico di Napoli dovesse avere "alcune stanze libere per riporvi il Priapismo ed altre cose". La decisione definitiva fu presa nel febbraio 1819, quando il principe ereditario Francesco I, in visita con la figlia di nove anni, ordinò di chiudere tutti gli oggetti osceni in una stanza accessibile unicamente a "persone di matura età e di conosciuta morale".

Quanti oggetti conteneva la collezione Gabinetto Segreto alla sua prima istituzione? La collezione del Gabinetto Segreto, nella sua prima istituzione documentata nell'inventario redatto da M. Arditi nel 1819, era costituita da centodue “infami monumenti della gentilesca licenza”.

Quali altri nomi ha assunto la collezione Gabinetto Segreto nel corso della storia? Oltre al nome ufficiale "Gabinetto Segreto degli oggetti osceni", nel 1821 fu anche proposta, da M. Arditi, l'istituzione di un "Gabinetto dei quadri osceni". Dopo la riapertura garibaldina, il nuovo Direttore del Museo G. Fiorelli pubblicò un catalogo della collezione nel 1866, che lui stesso chiamò “Pornografica”.

Quali furono gli atti di censura più estremi subiti dal Gabinetto Segreto? Diversi atti di censura hanno segnato la storia del Gabinetto Segreto:

  • Nel 1821 fu decisa l’interdizione dell’esposizione al pubblico anche di tutte le pitture “oscene”.
  • Nel 1832 furono segregate, per volere di Ferdinando II, anche la Venere Callipigia e tutte le “Veneri nude” esposte nel Museo.
  • L'atto più estremo avvenne nel 1851, quando il direttore Spinelli di Sangiorgio trasferì l'intera collezione “itifallica” in due stanze adoperate come deposito al primo piano e ne fece murare la porta affinché “se ne disperdesse per quanto era possibile la memoria”.

Chi ordinò la riapertura del Gabinetto Segreto dopo la muratura? Fu Giuseppe Garibaldi. Giunto a Napoli nel settembre del 1860, Garibaldi si recò al Museo e diede "ordine espresso" al Direttore Spinelli e al Controllore B. Quaranta per l’immediata apertura della sala al pubblico. Contrariamente al racconto fantasioso dello scrittore tedesco Gustav Rasch, un documento d’archivio rivela che le stanze, chiuse da un cancello con tre serrature, furono riaperte decidendo di “scassinare le porte” poiché non si trovavano le chiavi.

Quando è stata definitivamente liberalizzata la visita al Gabinetto Segreto? Alla libertà concessa da Garibaldi seguì rapidamente la censura dell’amministrazione sabauda. Nel 1901, il Soprintendente Ettore Pais ottenne l’autorizzazione ministeriale per la chiusura definitiva del Gabinetto Segreto, giudicandolo di scarsa importanza scientifica. Dopo la II Guerra Mondiale, la collezione, che contava ormai oltre duecentocinquanta opere, rimase chiusa. Solo nel 1971 il nuovo Soprintendente A. De Franciscis propose la definitiva liberalizzazione della raccolta a tutti, con la limitazione per i minorenni, a condizione che il carattere particolare delle opere fosse preventivamente segnalato. La collezione fu riaperta definitivamente e senza alcuna limitazione (pur mantenendo l'avviso per i minorenni) solo nel 2000, dopo essere stata riallestita.

Quali sono i principali temi esposti nel Gabinetto Segreto oggi? Il Gabinetto Segreto è organizzato secondo criteri moderni (cronologico, stilistico, tipologico e tematico), e i reperti provenienti dalle città vesuviane sono divisi in sottosezioni tematiche, tra cui:

  1. La pittura mitologica a sfondo erotico: che include nudi come il Polifemo e Galatea, relegati a causa dell’esasperato moralismo borbonico.
  2. Scene con pigmei: figure usate nella pittura grottesca e umoristica, spesso in rappresentazioni erotiche con sproporzionate caricature.
  3. Temi erotici nella decorazione dei giardini: sculture (satiri, ninfe, Dioniso) che esprimono la vitalità e la forza feconda della natura.
  4. Decorazione degli ambienti di piacere: pittura pornografica funzionale, con rappresentazioni realistiche di atti sessuali, che arredava lupanari e stanze del piacere.
  5. L’erotismo nel banchetto: poiché il banchetto era considerato il luogo dell'erotismo per eccellenza, con oggetti da mensa e arredi come il tripode con satiri itifallici.
  6. La sessualità che protegge: l'utilizzo dell'organo sessuale maschile come elemento apotropaico per allontanare il malocchio e come buon augurio.

Qual è il reperto più celebre legato al tema della superstizione nel Gabinetto Segreto? Uno dei reperti più celebri di questa sezione è il rilievo in travertino con fallo e l'iscrizione latina “hic habitat felicitas” (qui abita la felicità), che serviva come buon augurio per il successo commerciale. Questo rilievo proviene dalla facciata del panificio posto nell'insula della Casa di Pansa.

Qual è il valore attuale del Gabinetto Segreto, al di là del contenuto erotico? La collezione del Gabinetto Segreto è importante sia come raccolta di documenti "archeologici" e storici sulla sessualità antica, specifici per la provenienza dalle città vesuviane, sia per il suo alto valore storico e museografico. Avendo a più riprese rischiato di essere sottratta, dimenticata o distrutta, essa testimonia un "ambiguo quanto affascinante capitolo della museologia e della più generale storia del costume moderno".

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