
Una nuova ricerca condotta dal Parco Archeologico di Pompei insieme all’Università Humboldt di Berlino apre una prospettiva affascinante sulla città antica: anche alcune abitazioni pompeiane potrebbero essere state dotate di torri, simboli di prestigio e potere delle famiglie più ricche.
L’ipotesi nasce dallo studio della Casa del Tiaso, dove gli archeologi hanno individuato una scala monumentale che oggi non conduce a nulla. Da qui l’idea che, in origine, potesse servire per accedere a una torre affacciata sulla città, sul golfo e, forse, sul cielo notturno. Le fonti antiche e le decorazioni pompeiane mostrano infatti torri come elementi architettonici ricorrenti nelle ville aristocratiche, spesso utilizzate come punti di osservazione o di rappresentanza.
Lo studio, dal titolo “La torre della casa del Tiaso. Un nuovo progetto di ricerca per la documentazione e la ricostruzione digitale della Pompei ‘perduta’”, è stato pubblicato sull’e-journal ufficiale degli scavi di Pompei (link diretto).
La “Pompei perduta” e l’archeologia digitale
Il progetto si inserisce nel programma di ricerca POMPEII RESET, che punta a ricostruire virtualmente le parti scomparse della città, in particolare i piani superiori delle case, distrutti dall’eruzione del 79 d.C.
Grazie alle più avanzate tecniche di scansione e modellazione 3D, i ricercatori creano modelli digitali che documentano ciò che resta e, al tempo stesso, permettono di ipotizzare come dovevano apparire gli edifici in origine. Queste ricostruzioni aiutano a comprendere meglio come si viveva a Pompei, come erano organizzati gli spazi domestici e quale ruolo aveva l’architettura nel rappresentare lo status sociale.
Il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel, spiega:
“L’archeologia a Pompei non si limita agli scavi tradizionali. Accanto al lavoro sul campo, esiste una ricerca ‘non invasiva’, fatta di studi e ricostruzioni che ci permettono di immaginare ciò che non si è conservato, completando così la conoscenza della città antica.”
La Casa del Tiaso, situata nella Regio IX, Insula 10, è uno dei casi di studio più interessanti. I recenti scavi hanno restituito nuovi dati, ora analizzati da un gruppo di ricerca internazionale che comprende archeologi del Parco, studiosi e studenti dell’Università Humboldt di Berlino, sotto la guida della professoressa Susanne Muth e del direttore Zuchtriegel.
Ricostruire per comprendere
Il progetto POMPEII RESET non mira solo a restituire un’immagine visiva della Pompei antica, ma anche a capire meglio la vita quotidiana dei suoi abitanti. Le tecnologie digitali permettono infatti di esplorare spazi ormai perduti e di proporre nuove ipotesi interpretative sul modo di abitare, sulle gerarchie sociali e sui modelli culturali del tempo.
“La ‘Pompei perduta’ – spiegano i ricercatori – è fatta soprattutto dei piani superiori. Ricostruirli in digitale significa ridare corpo a un’intera dimensione della vita antica, oggi invisibile, ma essenziale per comprendere l’esperienza umana nella città romana.”
e-journal ufficiale degli scavi di Pompei (link diretto).
Fonte: Parco Archeologico di Pompei