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La casa con giardino, prende nome dall’ampio spazio aperto con portico, all’interno del quale sono state condotte analisi paleobotaniche sulle tracce vegetali rinvenute, che stanno fornendo un quadro completo delle specie di piante ivi presenti al momento dell’eruzione. La casa, sebbene anch’essa compromessa da cunicoli, ha fortunatamente conservato in buone condizioni la maggior parte degli apparati decorativi, che presentano tracce di lavori in corso al momento dell’eruzione. 
Il complesso abitativo aveva il suo accesso principale dal vicolo dei Balconi, attraverso una porta monumentalizzata da due capitelli “a dado” e da una cornice in muratura; lo stretto ingresso immetteva in un atrio, a sua volta comunicante con un portico aperto sul giardino e sostenuto da colonne in muratura, poggianti su una zoccolatura decorata da affreschi su fondo nero raffiguranti piante fiorite. Una delle stanze che si affacciavano sul portico, e che, a differenza delle altre, ha resistito alla prima fase dell’eruzione (la caduta dei lapilli), è poi stata distrutta e riempita dal flusso piroclastico, all’interno del quale sono stati rinvenuti i resti scheletrici di almeno cinque individui, che evidentemente avevano cercato rifugio nella stanza più interna della casa, trovandovi la morte. L’indagine di questa stanza, ancora in corso, ha rivelato la presenza, indiziata anche da fori nelle pareti, di uno o più cunicoli di scavi precedenti (forse anteriori all’inizio delle ricerche ufficiali del 1748), che hanno causato uno sconvolgimento degli scheletri intercettati, le cui ossa sono state dislocate in vari punti dell’ambiente. Sia il portico, sia le stanze che vi si affacciavano, presentano una ricca decorazione ad affresco. In particolare, una stanza ha restituito, al centro di una parete con finta decorazione architettonica, un quadretto idillico-sacrale, con scene di culto in un ambiente boschivo. Quadretti analoghi, ma in peggiori condizioni di conservazione, decoravano altre due pareti della stessa stanza. L’ambiente adiacente era, invece, decorato con scene di maggiori dimensioni, quasi vere e proprie megalografie. In una si riconoscono Venere con una figura maschile (forse Adone o Paride) e con Eros, mentre in un altro riquadro è Venere raffigurata in atto di pescare con Eros. Sempre in questo ambiente è un raffinatissimo ritratto femminile, forse raffigurante la domina. Nelle due stanze appena citate, e in un’altra stanza con una semplice decorazione parietale, sono stati rinvenuti, in posizione di crollo sul pavimento, i resti dei soffitti affrescati, con tracce dell’incannucciata su cui l’intonaco era fatto aderire; sebbene, naturalmente, in condizioni molto frammentarie, il recupero integrale dei pezzi conservati potrà permettere la ricostruzione dei motivi decorativi, offrendo un notevole contributo alla conoscenza della pittura romana dato che, com’è noto, i soffitti affrescati ricostruibili in estensione sono piuttosto rari. La casa, come già osservato, era in corso di ristrutturazione al momento dell’eruzione; ciò può spiegare come mai, accanto a stanze con pareti e soffitti affrescati, e con pavimenti cementizi in alcuni casi con tessere o con lastre marmoree, vi fossero alcuni ambienti con pareti semplicemente intonacate e addirittura privi di pavimento, come in particolare l’atrio e il corridoio di ingresso. Le pareti dell’atrio e del corridoio di ingresso hanno conservato una notevole quantità di graffiti, in corso di studio, con frasi, in alcuni casi di carattere osceno, e con disegni (tra cui alcuni volti stilizzati). In maniera insolita, si sono conservati in buone condizioni, disegni tracciati con calce o gesso, tra cui uno raffigurante un volto umano caricaturale di profilo, e con carbone, anche in questo caso volti umani. 

Tra quest’ultimi anche l’iscrizione a carboncino, che supporterebbe l’ipotesi che l’eruzione del 79 d.C. possa essere avvenuta il 24 ottobre, piuttosto che il 24 agosto. La scritta è, infatti, datata al sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, corrispondente al 17 ottobre e recita:


XVI (ante) K(alendas) Nov(embres) in[d]ulsit 
pro masumis esurit[ioni]

“Il 17 ottobre lui indulse al cibo in modo smodato”.

Nuove interpretazioni animano il dibattito sull’iscrizione: 
Cosa avvenne il 16° giorno prima delle calende di Novembre?  La docente di Paleografia Latina presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, 
Giulia Ammannati, propone una nuova lettura dell’epigrafe: "IN OLEARIA / PROMA SUMSERUNT [...]" vale a dire "hanno preso nella dispensa olearia [...]".

Fonte: C.Stampa Parco Archeologico di Pompei

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